Le regole di riapertura dei ristoranti in Svizzera. Il piano di protezione al via lunedì 11 maggio. Di Francesca Orlando

Le regole di riapertura dei ristoranti in Svizzera. Il piano di protezione al via lunedì 11 maggio.  Di Francesca Orlando

La Svizzera è pronta per la seconda tappa della fase di allentamento dei provvedimenti per l’emergenza sanitaria.

Dal 27 aprile le misure avevano riguardato le strutture sanitarie, i servizi alla persona, i servisol (solarium e impianti di autolavaggio) e i centri commerciali del fai da te e di giardinaggio.

Ora è la volta delle scuole dell’obbligo, dei negozi e mercati, di musei e biblioteche, degli impianti sportivi e delle strutture di ristorazione.

Smiling Woman in dress which sitting in restaurant with man behind her which covering her eyes

Sì, da lunedì 11 maggio i ristoranti riapriranno le porte: gruppi di ospiti composti da quattro persone al massimo, o due genitori con figli, e consumazione esclusivamente da seduti: niente self service o servizio al banco per intenderci.

E non solo la Svizzera dà la prima prova (e si mette alla prova) concreta di ripartenza della ristorazione, ma mette in atto il primo esempio di “Piano di protezione”, con regole accurate per normare i comportamenti e le misure da attuare.

Un piano stilato, dopo un continuo confronto e dialogo con Gatrosuisse, l’associazione che rappresenta il settore della ristorazione e alberghiero del Paese, dai tre uffici federali sicurezza alimentare, sanità e segreteria di Stato dell’Economia, approvato proprio oggi, 8 maggio, dal Governo centrale.

close-up of shucking fresh oysters and arranging them on the plate in restaurant

Nel corso della stesura aveva fatto discutere la proposta di registrazione dei dati personali, ovvero l’obbligo da parte dei clienti di annotare su un registro la propria presenza: nome, cognome, numero di telefono, data e ora di fruizione, numero di tavolo occupato e nome del cameriere di servizio.

Un registro che sarebbe risultato utile all’ufficio medico in caso di scoperta di positività e/o contagio; ma le normative sulla privacy hanno avuto la meglio, lasciando alle attività la possibilità di richiedere i dati ai clienti, che però possono rifiutarsi di rilasciarli.

Forse anche il codice in materia di protezione dei dati ha benefici e controindicazioni, laddove la sicurezza collettiva dovrebbe venire prima, considerato poi che quante volte per prenotare un tavolo lasciamo nome, cognome e contatto telefonico?

Confidiamo dunque nel buon senso e nell’intelligenza dei singoli, che di sicuro avrò la meglio.

 

Ma privacy a parte, ciò che non è discusso sono sicuramente l’igiene e la sanificazione: superfici da pulire ad intervalli regolari e soprattutto dopo il contatto di più persone. E il consiglio di minor uso di tablet touch screen per le ordinazioni, che vanno eventualmente igienizzati costantemente.

 

Non si discute nemmeno sulle distanze, ovviamente obbligatorie sia tra commensali che tra collaboratori dell’attività. Il piano parla di due metri, che, laddove non sia praticabile (temo non tutte le cucine siano di metrature adeguate per questo!) deve essere sostituito dal limite della durata del contatto e dall’uso eventuale di dispositivi di protezione, leggasi mascherine.

Mascherine non obbligatorie dunque, ma a discrezione.

Scelta opportuna? La risposta aprirebbe un ginepraio e per una volta cerchiamo allora di metterci nei difficili panni di chi deve scrivere le regole in una situazione nuova, a dir poco, per tutti.

 

Le prescrizioni, per altro, devono essere adeguate ed implementate in modo efficiente dai singoli gestori e datori di lavoro; in fondo nessuno meglio di sé conosce limiti e necessità della propria struttura.

Buona fortuna allora alla ristorazione svizzera, dall’Italia vi siamo vicini, in attesa di riaprire anche noi le porte guidati dal nostro tricolore piano di protezione.

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