Un Bordeaux stellare. Dodici bottiglie in orbita per testare gusto e invecchiamento.

Un Bordeaux stellare. Dodici bottiglie in orbita per testare gusto e invecchiamento.

Il ritorno del vino venuto dallo spazio.

Dodici bottiglie in orbita per testare gusto e invecchiamento: a febbraio la degustazione – da: Il Giornale – 19/01/2021 di Francesco De Remigis –

Quando nel 2014 Nicolas Gaume ha fondato con Emmanuel Etcheparre la sua start-up «Space Cargo Unlimited», con l’intento di spedire nello spazio 12 bottiglie di Bordeaux e tralci di Merlot e Cabernet Sauvignon, è stato preso per un folle.

Invece, in pochi anni, lui e il suo team hanno creato una partnership con il Centro nazionale di studi spaziali (Cnes), poi con l’Agenzia spaziale europea e la Nasa. Alla fine sono riusciti nell’impresa: mandare in orbita piante di vite e bottiglie di vino, e farle rientrare per «testarle» la cavatappi.

L’inedito viaggio A/R, alla scoperta degli effetti della galassia su un prodotto “vivo” come il nettare di Bacco, è riuscito. Ma ci sono voluti anni. Nel novembre 2019, 12 bottiglie sono state inviate alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). A marzo scorso sono partite le 320 piante. Materia prima per un progetto che, a suo tempo, pareva frutto di un bicchiere di troppo, più che della mente dell’imprenditore visionario 49enne alla sua nona start-up. «Quando ci hanno contattato per supportarli lo abbiamo trovato fantastico», ammette invece il professor Philippe Darriet, direttore dell’unità di ricerca enologica presso l’Institut des Sciences de la Vigne et du Vin dell’Università di Bordeaux.

Tra i primi a crederci, da Bordeaux hanno procurato il vino garantendo il monitoraggio scientifico dell’esperimento: «Pone interessanti interrogativi». Per esempio, quale impatto sul gusto, dopo un anno nello spazio? L’invecchiamento in orbita è diverso rispetto alla stessa annata lasciata sulla terra? La “gravità zero” modifica il processo? Nella ISS, bottiglie e viti sono state mantenute a temperatura e umidità costanti, circa 18° per il “nettare”. Ora il “vino spaziale” è sbarcato sulla costa statunitense della Florida. E una volta arrivato in Francia, si prevede a fine gennaio, scatterà il confronto con le bottiglie dello stesso vino rimaste Oltralpe. «Abbiamo ricreato tutti i parametri della vita sulla Terra, tranne la gravità – spiega Gaume -. Rimuovendola, crei un enorme stress su ciò che è vivo. Ma ciò a volte accelera le evoluzioni naturali, speriamo nel vino, che contiene elementi chiave come batteri e lieviti».

Il carico alcolico era decollato a bordo dei moduli di SpaceX e Blue Origin. E finalmente il prezioso contenuto invecchiato nel cosmo sta per essere assaggiato, candidandosi a diventare un must have per milionari. Si tratta di ottenere anche un ritorno economico dall’esperimento, visto l’investimento di svariati milioni di euro. Cifre segrete. «Non posso dare importi – glissa Gaume – le discussioni si svolgono con la Nasa e per lo spazio non c’è un listino prezzi». Tutto ciò che riguarda il lancio, lo stoccaggio eccetera «è stato calcolato sul merito del programma scientifico, e ciò rappresenta i due terzi dei costi. Ci sono vari investitori privati, me compreso, e un importante azionista».

Ma chi è Gaume? Diventato milionario appena ventenne negli Anni ’90 con i videogiochi, già co-responsabile di Microsoft International, da Seattle, dove vive da quattro anni, oggi è pronto a tornare nella Gironda francese per le sue idee ispirate a Jules Verne. L’asticella si alza. Il prosieguo dell’avventura è in 4 missioni da completare, tra cui testare le fermentazioni spaziali. «Stiamo scrivendo una pagina di storia», chiosa Darriet, che a Bordeaux non vede l’ora di ricevere il primo vino galattico. Gaume annuncia il conto alla rovescia per il test: «Lo lasceremo riposare, e a febbraio organizzeremo la prima degustazione con il noto enologo Franck Dubourdieu». Da Cape Canaveral a Bordeaux, passando prima per i laboratori dell’Istituto di scienze della vite e del vino (Isvv).

Per le viti, c’è da capire se ci sono stati (o ci saranno) cambiamenti, soprattutto in termini di resistenza al global warming: «Potrebbero portarci a scoprire varietà più adatte a una terra più calda con meno acqua potabile». Ma se il “liquido galattico” fa da cavia per ricerche biologiche sulla microgravità, è soprattutto uno dei tanti business spaziali. In orbita bottiglie di whisky scozzese della distilleria Ardbeg furono già spedite nel 2011. Dopo 730 giorni, sembrava invecchiato di cinque anni per colore e gusto. Dal “folle” Gaume si attende una conferma col Bordeaux. E dall’analisi del vino si passerà alla vera novità: l’innesto dei tralci di vite “spaziale”, per studiarli.

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