Ci sono storie che cambiano a seconda di chi le racconta, battaglie in cui non ci sono vinti né vincitori. Questo, signore e signori, è il tormentato caso della costoletta alla milanese.
Interessarsi alle sue origini significa assistere a una lotta di supremazia capitanata da una roulette di congetture, dove l’autoreferenzialità fa da perno. Ricostruendo le testimonianze si parte dal Basso Medioevo, millennio ingiustamente definito come il più buio. Il 17 settembre 1134, nella Basilica Ambrosiana si festeggiava San Satiro, e, per l’occasione, fu servito il “lumbolos cum panitio”, costoletta impanata e fritta.
La fettina aurea che impreziosiva il banchetto ricomparve in un manoscritto del famoso cuoco Martino da Como (1492), che ha discettato in particolare sull’impanatura. È però in Francia che prende il nome di “côtelette”. Apparsa in un ricettario francofono del 1796, “La Science du Maitre d’Hotel”, la contesa cotoletta pare venne importata dai soldati di Napoleone impegnati nella campagna d’Italia: da qui il soprannome “la Cuteleta della rivoluzione francese”.
Il suo respiro cosmopolita ci conduce anche in Austria, dove la celebre Wiener Schnitzel è decantata da un piccolo libro di cucina pubblicato nel 1798. Molti altri sono i riferimenti e le leggende che rievocano il gusto del manicaretto e vedono protagonisti il generale austriaco Radezky (1815-1866), il Conte Attems e la contessa d’Austria Maria Luigia di Parma.
Si dice però che la storia la scrivano i vincitori: la Giunta comunale del 17 marzo 2008 ha assegnando la De.Co. (Denominazione Comunale) alla ricetta della Costoletta alla Milanese. Parliamo di una consacrazione rimasta simbolica, dato l’esiguo numero di “eretici”, tra studiosi e ristoratori. Persino a Milano, patria riconosciuta, è raro trovare una costoletta alla milanese preparata a regola d’arte, nonostante l’appropriazione (indebita) dell’appellativo.
Le varie interpretazioni della costoletta alla milanese.
Si trovano con osso o senza, battute e sottili a orecchia di elefante (1 cm) o alte quanto l’osso (fino a 6 cm). Si gustano fritte con burro (classico o chiarificato) o addirittura con l’olio.
È intrigante esplorare Milano alla ricerca delle varie interpretazioni per scoprirne il comune denominatore. Noi, con grande abnegazione e spirito di sacrificio, l’abbiamo fatto per voi.
Tre sono i cardini fissi che abbiamo rinvenuto: la carne, come da disciplinare, è esclusivamente di vitello, dalla lombata si ricava una polpa molto tenera; la panatura è rigorosamente di pane secco grattugiato – e guai se si dovesse staccare dalla carne -; la porzione è gigantesca, si sconsiglia di affrontarla dopo un’abbondante colazione.
La tradizionale costoletta alla milanese alta è con l’osso. Attenzione! Va mangiata in fretta poiché tenderà a raffreddarsi rapidamente passando da succulenta a stopposa. Se la cottura è ben eseguita, la sua crosta dorata e scrocchiante rivelerà un delicato profumo latteo e un cuore roseo.
Il morso, prima fragrante e poi calloso, si chiuderà scioglievole come un cioccolatino fuso in bocca.
Quale burro per la cottura della costoletta alla milanese?
Una trattazione a parte merita il burro, elemento la cui qualità è spesso sottovalutata in cucina. È da prediligere quello di panna o di crema di latte, meglio ancora se ottenuto per centrifugazione, da vacche in transumanza, che pascolano felici tra le montagne.
Deve avere un aspetto terso e lucente, una forma compatta e solida, cremoso ma non troppo accomodante quando lo si spalma. Bouquet fresco e dolce, colore giallo paglierino, gusto delicato. In generale è preferibile usarlo a crudo per preservarne le qualità.
Ad oggi, infatti, per friggere la nostra protagonista si è arrivati a utilizzare il burro chiarificato, che si ottiene con la scissione del grasso puro dalla caseina e dall’acqua: questa separazione porta il burro, ormai privo di lattosio, a conservarsi più a lungo e giungere a condizioni termiche elevate senza bruciare (punto di fumo 250°).
Chiave di volta per una costoletta da manuale infatti è la cottura.
Se la costoletta sarà fritta a temperature eccessive risulterà molto cotta all’esterno e cruda all’interno, se invece saranno troppo basse la troverete trasudante di grasso. A proposito, se vorrete chiarificare a casa il vostro burro basterà riscaldarlo in un pentolino fino a che il grasso non si libererà dalle proteine e dall’acqua, per essere eliminate mediante una schiumarola o filtrate con una garza sterile.
Tornando alla costoletta, ci sono storie che cambiano a seconda di chi le racconta, è vero, ma variando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Tanto vale mangiare!
Il nome “cotoletta” deriva dal dialetto milanese “cutelèta”, mutuato dal francese côtelette, che vuol dire “costoletta”. Si tratta infatti proprio della costoletta, ma non di maiale bensì di vitello, l’unica che davvero può essere considerata la vera costoletta alla milanese.
La selezione di Top: dove mangiare la costoletta a Milano.
Trattoria del Nuovo Macello
Via Cesare Lombroso, 20
02 59902122
Trattoria de La Trebia
Via Trebbia 32
02 5513380
Trattoria La Pesa dal 1902
Via Giovanni Fantoni 26, Milano
02 36514525
Antica Osteria Il Ronchettino
Via Lelio Basso 9, Milano.
02 5643955
Al Garghet
Via Selvanesco, 36, 20141 Milano
02 534698
Antica Osteria del Progresso
Via del Progresso, 22
02 45482954
Crediti foto: Adriana Greco – Foto di copertina: Canva
Contributor Top Taste of Passion